
From Football Wizards to Forgotten Faces: Are We Done Fawning Over Techies as the New Gurus?
Fino a qualche mese fa, Thiago Motta era visto come il mix perfetto di Guardiola, Mourinho e Van Gaal - una trinità calcistica di cui si cantavano le lodi nei giorni in cui si distinguevano come giovani, affascinanti e brillanti, non certo come ora che sembrano più delle mezze pensioni che dei titani del calcio. C'era un tocco di Velasco nel suo approccio, un maestro psicologo capace di andare oltre la semplice tattica. Ma, ah, era anche tutto un esercizio di stile, di eleganza e di calma, esattamente come ci si aspetterebbe da chi ha a cuore le relazioni umane dentro e fuori dal campo, anche quando il gioco sembrava andare per il verso storto o per una direzione del tutto inaspettata. Fino a poco tempo fa, i tifosi bianconeri si sentivano rassicurati: avevamo avuto successi contro il Lipsia e il PSV, il Verona e il Monza. Quale preoccupazione poteva mai sorgere? Bastava credere che la squadra stesse risorto, e i giocatori avrebbero trovato nuova dignità. Oggi, tuttavia, c'è da chiedersi: chi mai si azzarderebbe ad assumere Thiago Motta dopo un disastro così grande? Forse una squadra di mezza classifica in Francia o in Portogallo, ma ne dubito anche. Motta ha rimediato talmente tante critiche, persino con delle meravigliose analogie all'epoca di Maifredi, da far sembrare l'intervento della moglie un'ancora di salvezza, suggerendo che ogni delusione possa portare a un futuro migliore. In questo marasma di sarcasmo e umanità, la verità è che la Juventus mai era incappata in un tale disastro, non solo in termini di risultati, ma anche di reputazione e gestione. L’imbarazzo è palpabile; il suo approccio non era il frutto del caso ma di un piano ben definito, con l'assunzione di responsabilità che ora si allarga come un campo minato di conseguenze.